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Tenente Carlo De Lellis di Giuseppe Santoni

Chi era il Tenente Carlo De Lellis e perché merita un ricordo particolare?

Il Ten. Carlo De Lellis era il Comandante della Tenenza dei Carabinieri di Senigallia all’epoca dell’armistizio dell’8 settembre 1944 e dell’occupazione tedesca della città.
I Tedeschi si rivolsero lui per ottenere una lista di persone sospette di attività antifascista da arrestare nel caso di atti di sabotaggio. Il comandante presentò un elenco con falsi nominativi e iniziò quindi un’intensa attività di accordi segreti con i partigiani della valle del Misa, partecipando ad incontri clandestini e al furto di armi nei vagoni ferroviari e nelle caserme della Guardia Nazionale Repubblicana (GNR). Questa era una nuova istituzione di polizia voluta dalla Repubblica Sociale Italiana (RSI), che nelle intenzioni del suo ideatore Gen. Renato Ricci doveva incorporare i carabinieri nelle funzioni di ordine pubblico e di controllo del territorio nel tentativo, non tanto segreto, di trasformare l’Arma dei carabinieri in uno strumento al servizio del nuovo Partito Fascista Repubblicano e della RSI, sul modello delle SS tedesche.

Poiché dalla tenenza di Senigallia dipendevano le stazioni dell’entroterra del Misa, il Ten. De Lellis tentò – ma è solo un’ipotesi – di creare attorno a sé una rete di fedeli collaboratori carabinieri antifascisti, tanto che nel febbraio 1944 i gappisti di Ostra presero contatti con lui per progettare qualche azione di sabotaggio e collaborò attivamente con il CLN locale. Inoltre, inviò nella piana di Pongelli di Ostra Vetere il carabiniere aggiunto Archimede Ferraioli (detto Settebello) che cercò di convincere i giovani antifascisti del luogo a non aderire al bando di richiamo alle armi e formò un gruppo le cui azioni consistevano nel diffondere la stampa clandestina e nello strappare e bruciare i manifesti che propagandavano la politica filo tedesca della RSI.

De Lellis poteva inoltre contare sulla collaborazione del maresciallo Giuseppe Mungiguerra di Ostra Vetere, del maresciallo Dino Ghiandai, comandante la stazione di Ripe (competente su Castel Colonna e Monterado, oggi comune di Trecastelli) e del comandante la Stazione di Belvedere Ostrense il brigadiere Onelio Manoni che poi, disertando dai carabinieri, si unì alle formazioni combattenti, morendo sul monte S. Angelo di Arcevia insieme con i partigiani di Ostra da lui guidati sul monte, sorpresi nel sonno dai nazi-fascisti poco prima dell’alba del 4 maggio 1944.

Le notizie su De Lellis fornite dai cronisti marchigiani che hanno scritto la storia della resistenza e della guerra di liberazione della valle del Misa, sono molto approssimative e lacunose. Gli autori Cornelio Ciarmatori (detto Bibi) e Alberto Galeazzi (Alba), due ex partigiani e ferventi comunisti, con la tendenza a minimizzare le azioni compiute da formazioni non comuniste, cioè dai badogliani, dagli azionisti (aderenti al Partito d’Azione), dai socialisti, dai monarchici e dai seguaci di altri partiti con i quali si era fatto l’accordo di collaborare contro i nazi-fascisti, a prescindere dall’appartenenza politica, non si tennero al corrente degli avvenimenti seguiti alla sua cattura.
De Lellis fu messo quasi subito nelle condizioni di non nuocere.

Arrestato a Senigallia il 12 febbraio 1944, fu tradotto dapprima nelle carceri di Pesaro, poi in quelle di Forlì, infine nel carcere di S. Giovanni in Monte nel pieno centro di Bologna, dove risulta messo a disposizione del Comando tedesco delle SS per essere deferito al Tribunale Militare. Il 9 agosto 1944 stava per essere traslocato dal carcere civile al carcere militare di Bologna, ma quella sera i detenuti politici e comuni del carcere di S. Giovanni in Monte furono liberati con un’audace colpo di mano da un commando della 7ª Brigata GAP di Bologna. Fu così che il Ten. Carlo De Lellis riacquistò la sua libertà.
Nei sui confronti era stata avviata però un’azione penale che lo condusse in giudizio davanti al Tribunale Militare Territoriale di Bologna per la sua attività di partigiano. Il processo si concluse nel 1949 con il proscioglimento dell’imputato in fase di istruttoria.

Si legge infatti nel Foglio matricolare che fu «Dichiarato non doversi promuovere l’azione penale perché: “non costituisce materia di reato l’aver svolto attività partigiana e contraria agli interessi della pseudo repubblica italiana di Salò, ed ordinata l’archiviazione degli atti, con sentenza del Tribunale Militare Territoriale di Bologna” in data 7 marzo 1949».
Dopo avere conseguito il grado di Capitano, De Lellis si congedò dall’Arma per motivi di salute dipendenti da cause di servizio e divenne poi un apprezzato manager della Ditta Olivetti di Ivrea, con l’incarico di Direttore del Personale di una delle più importanti ed evolute aziende industriali italiane di quegli anni, vista la grande esperienza da lui maturata nella gestione dei rapporti interpersonali durante il suo servizio di carabiniere.

Il presente articolo storico di GIUSEPPE SANTONI, Tenente Carlo De Lellis, è stato già edito nella rubrica Carabinieri da ricordare del Notiziario Storico dell’Arma dei Carabinieri, Anno VII, N. 2/2022, pp. 56-67, in cui è stato pubblicato, per necessità tipografiche, con la omissione di tutte le note relative alle fonti storiche, di parti di testo e di immagini. Qui invece lo studio originale viene riproposto integralmente, comprensivo delle parti omesse.

L’autore tiene a precisare che la ricerca non sarebbe stata possibile senza il positivo e fattivo interessamento del Gen. di C.A. Carmelo Burgio dell’Arma dei Carabinieri, che ha procurato copia del foglio matricolare del Ten. Carlo De Lellis.

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